Ci sono volte in cui senti che devi assolutamente fare una cosa ma c’è una vocina dentro che ti dice lascia perdere fai qualcos’altro.
Ma tu niente, devi decidere tu quello che va fatto, non sarà certo una vocina dentro che può dirti cosa fare, tu non prendi ordini da nessuno se non da te stesso. La vocina allora ti dice ué professo’ p’cché ‘nvece si siend’ na vucina rind’ a capa chi cazz’è? A ualler’ ‘e nonno ‘ngopp a stucazz’? La volgarità gratuita ti ha sempre infastidito quindi senza nemmeno sforzarti di capire cosa abbia detto te la prendi con la vocina cercando comunque di mantenere l’aplomb, ribadendole che tu sei libero di fare quello che vuoi, che non intendi rispondere alle provocazioni e soprattutto che non capisci il napoletano. Quella riprende e dice guarda magari abbiamo iniziato col piede sbagliato ma non puoi parlare di “te stesso” mettendo a tacere le vocine che hai dentro: te stesso è composto da tutte le vocine, a volte ne ascolti una a volte un’altra, ma ognuna di esse è parte integrante di te stesso. Pensi che il discorso fila e che quindi forse è il caso di ascoltare anche un’altra campana oltre a quella che diceva di fare assolutamente quella cosa mentre un’altra vocina ancora si sta domandando perché minchia dovresti avere una vocina che parla napoletano e a quel punto esce quella che dice ah perché sei uno di quelli che dice ah i napoletani, ah i romani, ah gli immigrati, ah i farmacisti, generalizzando così intere categorie senza analizzare minimamente gli individui e però la vocina che si domandava del napoletano dice ma che c’entrano i farmacisti e poi io ne facevo solo una mera questione geografica e linguistica e le altre due dicono si si vabbè e quella stizzita ma si si vabbè de che aò e insomma alla fine quella cosa che sentivi di dover assolutamente fare nel frattempo l’hai fatta comunque ma ovviamente male perché eri distratto dai tuoi battibecchi interiori.
Ecco.
Buona giornata a chi riesce ad ascoltare solo il proprio cuore perché quest’ultimo è un serial killer di vocine.